domenica 31 maggio 2015

Hua Cheng, il mio posticino che...

Da un mese quotidianamente si sente parlare di Milano, Expo 2015, Fuori Expo e tutto ciò che è annesso e connesso al grande evento. Io ci sono già stata una volta, il secondo giorno dall'apertura, ma lungi da me volerci mettere becco per ora. Confido in una seconda visita più approfondita e verso settembre. 
Volendo restare sul tema del cibo "esotico", cucina internazionale e come si nutre il pianeta, da Rho, faccio un salto in una strada super popolata di Milano, via Paolo Sarpi, che cammina dritta per circa un km da Porta Volta. Sin dagli inizi del '900 la zona è meglio conosciuta come la Chinatown di Milano per la massiccia immigrazione di famiglie provenienti dal Sud - Est della grande Cina, dalla regione dello Zhejiang.
La famiglia Hu, trasferitasi a Milano dalla città di Wenzhou, ha deciso di aprire in via Giordano Bruno 13, proprio dietro P. Sarpi, una piccola trattoria senza pretese, dai muri bianchi, senza le solite lanterne cinesi e soffitto rosa abbagliante, forse troppo elaborato per il resto del locale. 

Pochi tavoli, forse solo sei, in cui si mangia gomito a gomito col proprio vicino e, se come me, non si è proprio esperti dell'utilizzo delle kuàizi, ovvero delle bacchette che i popoli orientali sono soliti usare al posto delle nostre troppo semplici posate, ecco, si rischia di impataccare non solo i propri abiti, ma anche quelli degli altri...
Però, quanto è bello mangiare stretti stretti, magari col proprio partner, vicini vicini?
La cucina degli Hu è semplice, non troppo pesante e schietta, proprio come loro, persone piuttosto taciturne e dalla risposta secca, che con velocità e serietà preparano le specialità della loro regione d'origine.
A differenza di quella pechinese questa è una cucina poco piccante, giusta.
Il menù è di poche pagine plastificate, ma la scelta dei piatti è ampia: maiale, anatra, vitello, verdure, gamberi, polipi, seppie e meduse! Si, anche le meduse. 
Non capito poi così spesso a Milano eppure questo ristorantino è il mio punto di riferimento quando ho voglia di mangiare bene e spendere poco, è il posto del cuore insieme al Brutto Anatroccolo, trattoria storica di cucina milanese sui Navigli.
L'ultima volta che ho avuto il piacere di sedermi ad uno dei tavolini degli Hu era il mio compleanno e per un'occasione speciale ho chiesto solo piatti a base di pesce, è fresco, arriva in cucina ogni mattina, quindi banditi gli involtini primavera (buoni comunque) e riso cantonese, dimenticateli!
Nella trattoria Hua Cheng, questo il nome del locale, ci si può sbizzarrire nello sperimentare piatti meno comuni a partire dagli antipasti: il toufu gan (tofu secco) servito saltato in padella con cipollotti, il taro, le verdure senza cuore, i ravioli alla griglia (una porzione è da 8 pezzi e costa circa 3 euro), gli gnocchi di riso con carne secca, e per i più temerari la lingua d'anatra e gli spaghetti di riso con intestino e sanguinaccio.
Dietro suggerimento ho preso la zuppa ai frutti di mare, una delizia, servita in grandi scodelle con brodo caldissimo e la mian,  tagliatelle cinesi di farina fatte a mano stirate e ripiegate, dallo spessore diverso, sode, saporite, buone.
Per i non amanti del pesce, c'è il brodo con spuntatine di maiale, trippa o solo verdure. 
Anche i secondi si fanno rispettare, diverse volte ho chiesto l'anatra arrosto, croccante all'esterno e morbida all'interno ed ho trovato eccellenti anche le seppie al peperoncino e la frittura di calamari. Saporiti e abbondanti da poterci mangiare tranquillamente in due.
Il costo? Irrisorio, si arriva a spendere in due 30 euro per una cena completa, con vino rosso della casa!
Almeno una volta nella vita bisogna concedersi il "lusso" di assaggiare la cucina della trattoria Hua Cheng, perché si mangia bene e perché è un luogo in cui nelle sere in cui niente è programmato si possono invitare amici e amori con la scusa del "conosco un posticino che...", provare per credere.

Info:
Trattoria Hua Cheng
Via Giordano Bruno 13, Milano
Tel: 023451613
Aperto: tutti i giorni dalle 11 alle 24
Costi: 10/15 euro

Le foto che riporto qui di seguito le ho prese dalla pagina facebook del ristorante, ringrazio gli autori, non me ne vogliate:
https://www.facebook.com/pages/Trattoria-cinese-Hua-Cheng/130482827007108?ref=br_rs






mercoledì 20 maggio 2015

Un cavolo a merenda

"Andare a ingrassare i cavoli", "andare a piantar cavoli", "farsi i cavoli propri", "non capire un cavolo", "portare il cavolo in mano e il cappone sotto", "starci come una cavolo a merenda", quanti modi di dire si conoscono che hanno come soggetto o complemento il suddetto "cavolo"?. 
Ma che c'avrà mai fatto di male? Eppure già l'imperatore Diocleziano nel 305 d.C., ritiratosi a vita privata nel suo meraviglioso palazzo a Spalato, e richiamato a Roma e alla vita politica, si era elegantemente rifiutato dicendo che il prendersi cura dei suoi cavoli lo rendeva più felice di qualsiasi impero. Sempre loro, insieme agli agrumi, altri frutti carichi di vitamica C, salvarono diversi marinai alle prese con la scoperta del "nuovo mondo" dallo scorbuto.

Che sia fiore, nero, cappuccio, viola, broccoletto, verde, romanesco, rapa, portoghese, cinese, rosso, il cavolo fa parte della famiglia delle Brassicaceae o Cruciferae, piante distribuite in tutto il mondo e che raggiungono il massimo sviluppo della loro biodiversità nel bacino del Mediterraneo. 
Privi di grassi e ricchi di vitamina C, acido folico, fibre, potassio e alcune sostanze antitiroidee e protettrici contro i tumori intestinali, questi hanno un elevato potere saziante (e in previsione dell'estate, chi è che non sta tentando di mettersi a dieta?) e ben si prestano ad essere utilizzati in cucina. 

Molto spesso però i cavoli non vengono apprezzati da grandi e piccini, soprattutto per il cattivo odore che rilasciano durante la cottura. Tutta colpa dello zolfo che contengono al loro interno, ma mia madre mi ha insegnato che aggiungendo un pezzetto mollicoso di pane imbevuto di aceto all'interno della pentola in cui si sta bollendo il cavolo, quella "puzzetta" dovrebbe sentirsi di meno! 
 Altri modi per cucinare i cavoli? Dipende dalla tipologia scelta, ma se si prende come esempio il candido cavolfiore,  spazio alla fantasia. Lesso, a vapore, fritto, al forno, crudo...

Io oggi vi propongo una ricetta proprio a base di cavolfiore e vi assicuro che per il modo in cui verrà cotto, non avrete nessun tipo di odore sgradevole in giro per casa, anzi, assomiglierà piuttosto ad un arrosto, completamente vegan!
La ricetta non è mia, anzi, l'ho copiata dallo strabusato sito del cuoco Jamie Oliver (www.jamieoliver.com), ma l'ho un po' rivisitata! A dire il vero ho eliminato un bel po' di aglio che la ricetta prevedeva. Amo l'aglio, l'adoro, ma non ho ancora intenzione di diventare l'antidoto ambulante per simpatici vampiri.  

Si tratta di un piatto particolare e tra poco capirete perchè, speziato, profumato, leggero e senza grassi!

Ecco dunque il mio CAVOLO INTERO ARROSTO

Ingredienti per 2 o 4 persone (dipende se lo si prepara come piatto unico o come contorno!)

Un cavolfiore intero 
2 spicchi di aglio
un barattolo di pelati 
un cucchiaino di paprika dolce
il succo di un limone e la sua buccia grattugiata
mandorle a lamelle per guarnire
mezzo bicchiere di vino bianco
sale
pepe
prezzemolo
olio extra vergine d'oliva 

Tempi: 2h

Potete scegliere da dove iniziare, ma vi consiglio di stabilire il forno statico a 180°. Io preferisco impostarlo piuttosto ad una temperatura meno elevata e dare spazio alla cottura, che cuocere con minor tempo e rischiare di ritrovarmi il cavolo crudo all'interno. Mettetevi in testa che state preparando un arrosto, quindi, tempo al tempo.
Bene, detto questo, passate alla fase più drammatica di tutta la ricetta, l'aglio. Come vi dicevo prima, la ricetta originale prevede ben quattro spicchi di aglio (per carità, voi siete liberi di fare come volete) ma io ho dimezzato la dose per i motivi che ho già spiegato. Prendeteli, sbucciateli, tagliateli a metà, privateli dell'anima (che cosa terribile!) e schiacciateli, dovrete renderli una purea e se lo avete in casa, utilizzate uno di quei fantastici schiaccia-aglio che evitano l'appestamento delle mani per giorni e giorni, altrimenti, andateci di coltello. Mescolate la cremina di aglio ottenuta ad un cucchiaio di paprika dolce e fate riposare. Nel frattempo eliminate le foglie più esterne e dure del cavolo (io quelle più tenere e piccine di solito le tengo), lavatelo, tagliate una parte della base, quella più coriacea. Un taglio netto e preciso, dritto, perchè poi il cavolo in cottura dovrà stare dritto e avrà bisogno di un appoggio! Praticate con un coltello lungo e affilato un incisione profonda che vada all'interno del cuore del cavolo a forma di croce e mettetelo da parte. Passate adesso a grattugiare la buccia del limone non l'ho specificato tra gli ingredienti perchè ormai una cosa che sanno anche le pietre, ma quando si tratta si tratta di cucina, il consiglio è di usare limoni non trattati, e spremetene il succo. Tenete da parte anche questo. 
Riprendete il cavolo e cospargete tutta la sua superficie con la cremina di aglio e paprika, se non volete sporcarvi le mani potete usare un guanto in lattice usa e getta.
A questo punto prendete una teglia da forno, meglio se antiaderente e adagiateci il cavolo che ormai avrà un colore rossastro, bellissimo. Aggiungete, versandolo proprio sopra il cavolo e in modo che scenda fino alla base, il succo del limone, l'olio (non abbiate paura di osare) e sulla base stessa il bicchiere di vino. Salate, pepate e coprite per bene con della carta alluminio. Sistemate la casseruola in forno e "fatevi i cavoli vostri" per un'oretta. 
Passato il tempo, per casa dovreste già sentire un fantastico odore di arrosto al limone, tirate fuori dal forno il cavolo, togliete momentaneamente la copertura e aggiungete qualche filetto di pelati, regolatevi in base al vostro gusto e aggiugete un po' di sale. Coprite di nuovo e mettete in forno per un 10 minuti (nel frattempo potete fare un test di cottura del cuore del cavolo. Infilzateci un coltello appuntito, se entra facilemte siete a buon punto, se fate fatica, ricoprite e dategli più tempo). Tirate di nuovo fuori dal forno, scoprite e lasciate che il pomodoro si addensi un pochino e che il cavolo inizi a fare una leggera crosticina. Due minuti prima di sfornare, aggingere sulla superficie la scorza grattugiata del limone e le lamelle di mandorla. Quando queste saranno colorate e non bruciate, tirate fuori tutto.
Il cavolo è pronto, basta aggiungere prezzemolo tritato fresco, una spolverata di pepe e servire a tavola.
Tagliate in 4 parti.





 Bbono, no?



sabato 16 maggio 2015

#iocestoaprovà e tu?

Cuori di Tours
Ciao, da quanto tempo...
Come punizione un minuto di silenzio per me, per aver abbandonato questo neonato progetto in cui io e forse anche qualcuno di voi aveva creduto. Non che io abbia perso la fede e la voglia di fare in cucina, ma un blog, per tenerlo come si deve, richiede tempo, tanto tempo, e io negli ultimi mesi mi sono ritrovata ad essere abbastanza impegnata, la mia testa è abbastanza impegnata.
No, non son affatto diventata una donna in carriera, anzi, ho appena compiuto 30 anni e sono più squattrinata di prima, addirittura indebitata e spaventata, ma felice! Racconto qualcosina? Che dite?
Bene, parto da luglio scorso quando ho scritto il mio ultimo post (che vergogna!).
Sono cambiate diverse cose da quel momento, ero a Roma, lavoricchiavo, sempre senza una lira e molto insoddisfatta. I miei risvegli ormai erano diventati degli incubi, con gli occhi ancora appiccicaticci dal sonno, ogni mattina, alla stessa ora, quel simpatico nodo in gola tornava a prendere possesso del mio respiro. Mi sentivo stanca, affannata, poca voglia di fare, nervosa. Ero intrattabile (non che adesso il mio carattere sia fantastico, ma forse qualcosina sta migliorando), credetemi, e chi mi è stato accanto, chi ha avuto la sciagura di condividere con me lo stesso tetto, potrebbe raccontarne delle belle. 
Volendomi liberare dalla morsa dell'insofferente insoddisfazione, mi sono fermata un attimo a riflettere, mi sono presa qualche giorno, sono tornata in Abruzzo. Sapevo che la mia montagna e il mare mi avrebbero reinsegnato a respirare. 
Agosto, primi giorni del mese, Roberto in Sicilia (beato lui!) a girare uno spot, siamo rimasti d'accordo che lo raggiungerò per il fine settimana e per approfittare dei magnifici mercati di Catania. 
Proprio in quei giorni concentro al massimo la mia attenzione su me stessa, mi chiedo e richiedo come riprendere in mano la mia vita. Penso a quando l'anno prima stavo cercando dei master di specializzazione sulla storia e cultura dell'alimentazione, ricordo l'entusiasmo e la curiosità che mi aveva acceso uno di questi in particolare, Bologna, Alma Mater, Storia e Cultura dell'alimentazione, Massimo Montanari.
Torno su quel sito, leggo il bando, lo sfoglio velocemente per capire se sono ancora aperte le candidature, si, termine massimo 26 agosto. Guardo la quota annuale delle tasse da pagare per poterlo frequentare e lì mi scoraggio un po', "non potrò mai farlo" - penso. 
L'anno prima era stata la stessa cosa, avevo sfogliato il bando, mi ero gasata tanto, troppo, quella cifra e la perdita della speranza, ma questa volta no. Certo, il primo pensiero è stato quello di togliermi subito dalla mente quell'idea stupida ed economicamente impossibile e cercare altro. 
A.A.A. barista cercasi! No non ce la faccio, non un'altra volta, o almeno, per adesso no!
Devo rifletterci un attimo e nel frattempo prendo un aereo che mi porta a Catania. Appena arrivata e assalita dalla calura siciliana, parto subito per un giretto esplorativo della città insieme a Rob. Giriamo, parliamo, e per prima cosa gli racconto della mia idea del master, chiedo un consiglio, espongo le mie paure e la mia incapacità di poter sostenere una spesa economica del genere. Colgo  nei suoi occhi una piccola scintilla di speranza, per me, perché anche lui e soprattutto lui, forse, per troppo tempo mi aveva vista tornare a casa con gli occhi gonfi di lacrime e senza fiato. Mare e sole, arancini, mercati, e granite a colazione prese dal vecchietto del benzinaio sotto casa mi rimettono di buonumore.
Torniamo in Abruzzo, mi restano pochi giorni per inoltrare la mia domanda d'ammissione e parlarne bene con i miei, decidere cosa è meglio fare e come, qualora fossi rientrata in graduatoria, affrontare la spesa futura.
I miei genitori sono operai e mio padre sono più di quarant'anni che si spacca la schiena in fabbrica, hanno cresciuto me e mio fratello come meglio hanno potuto e mi hanno fatta studiare, laureare. Se avessi potuto non avrei chiesto loro un ennesimo sforzo, anzi, a 30 anni, mi piacerebbe poter iniziare a vedere qualche soldino e tornare a casa con un mazzo di fiori freschi per la mia mamma e non con una busta di panni sporchi! 
Ne parliamo insieme, ci ragioniamo a fondo, inaspettatamente non mi dicono subito di no, forse ci credono anche loro. Al momento di decidere, mio padre e mia madre, ai quali sarò eternamente grata, mi dicono che i soldi non ci sono, i loro stipendi non bastano per pagare master e mantenermi a Bologna, ma che potremmo chiedere in banca, magari c'è qualche soluzione per gli studenti. 
Eccoci davanti al Direttore, spiego la mia situazione, la mia idea, chiedo se posso autofinanziarmi, ovviamente indebitandomi, ma non importa, voglio fare questo master, troverò un modo per restituire i soldi, dopo, alla fine di tutto, a costo di fare qualsiasi altro tipo di lavoro. 
In banca non mi dicono di no, e figuriamoci... Così con un debitino sulle spalle, ma con il cuore gonfio di gioia, compilo la mia domanda e in piena frenesia la spedisco all'ufficio master dell'Alma Mater a Bologna. Passa del tempo e io controllo ogni santo giorno la mia casella di posta per vedere se è stata pubblicata la graduatoria. Sono i primi giorni di ottobre, ed eccola che arriva. Evviva, ci sono anche io tra i cinque ammessi!
Bologna
San Giovanni in Monte, Bologna
In men che non si dica ci comunicano che di lì a poco sarebbero iniziate le lezioni ed io ovviamente non sapevo dove andare, ma Rob viene in mio aiuto. Parliamo con un suo amico che per i primi tempi decide di ospitarmi. Arrivata a Bologna, tutto mi sembra ancora un sogno, in un mese la mia vita è già cambiata molto, prima Roma, adesso Bologna, il Master Europeo in Storia e Cultura dell'Alimentazione, i professori, e l'Alma Mater, l'università più antica d'Europa, carica di storia e di storie che le sue mura potrebbero raccontare. 
Primo giorno di lezione, Massimo Montanari, Antonella Campanini, ritrovarmeli di fronte mi mette in imbarazzo; ci fanno presentare, raccontare un po' le nostre storie e io per sommi capi spiego la mia, mi commuovo, partono due lacrime e la Prof.ssa Campanini sa perché. Mi ha seguita in tutto il mio percorso d'iscrizione, sa che sacrificio ho chiesto a me e ai miei genitori, mi guarda dritta e sorride. Adesso è il loro momento, ci spiegano come si svolgerà il master e ci confermano che di lì a poco saremmo partiti per la Francia, per l'Università Rabelais di Tours. Due mesi in Francia a seguire lezioni e convegni. Tutto questo mi impanica un po', ma mi carica anche.
Finiti i giorni di lezione a Bologna, faccio un salto per tornare a casa e il 3 novembre sono già in Francia. 
Tours è una piccola città nel cuore della valle dei castelli della Loira, un isolotto tra due fiumi. Fredda, umida, ma con le strade dritte e pulite che odorano di pane appena sfornato a tutte le ore del giorno. Iniziamo a seguire le lezioni, conosco meglio i ragazzi che sono con me, Muriel la peru-brasiliana e David, il tedesco. Compagni di studio e di vita.
In Francia sto bene, conosco tantissime persone, il gruppo di ragazzi che segue il master lì è estremamente eterogeneo: brasiliani, taiwanesi, turchi, e naturalmente francesi. Un melting-pot che si fa vero, concreto e unito, soprattutto quando a turno decidiamo di preparare delle cene a tema, serate che ci hanno dato la possibilità di scoprire piatti tipici provenienti da quasi tutti gli angoli del pianeta e di bontà straordinaria. 
Caattedrale di Saint-Gatien, Tours
Convegno IHECA, Tours

Due mesi in Francia passano presto, tra lezioni, convegni organizzati dall'Istituto Europeo di Storia e Cultura dell'Alimentazione, giri per i mercati contadini in cui le opportunità di conoscere il vero cibo di strada francese sono tante e pinte di birre come se non ci fosse un domani, arriviamo al 21 dicembre e al ritorno in Italia. Natale, il 2015, anno nuovo vita nuova, si spera, io sono ancora un po' confusa, sta succedendo tutto troppo in fretta.

A febbraio riprendono le lezioni, trovo una stanzina tutta per me in una piccola casa in via mascarella, cuore della movida universitaria, forse anche troppo movimentata! Lezioni: il Prof. Capuzzo e il suo corso di Storia dei consumi alimentari; il Prof. Ruozzi con Letteratura e gastronomia; le lezioni su "Comunicare il turismo gastronomico"; l'archeo/antropolodo Domenici che ci ha incantati con i suoi racconti di vita archeologica in Messico e le cucine indigene d'America e il sancta sanctorum, colui che è santo in sommo grado e uomo di grande venerazione, Alberto Capatti e le sue emozionanti lezioni sulla Storia della cucina in età contemporanea. Ma è solo maggio e fino a giugno ne vedremo ancora delle belle!
Loira all'alba, Tours

Ecco, tutto questo blablabla per dire cosa, niente! Solo che nella vita ci vuole un po' di coraggio, bisogna osare. Io l'ho fatto e per il momento sono ancora abbastanza presa bene. Sto facendo sacrifici, è vero, i miei anche, non ho una lira bucata in tasca allo stesso modo, ma ci sto provando. A fine lezioni dovrò fare uno stage e in questi giorni sto cercando di capire dove andare e poi discutere la tesi. Vorrei trovare qualcosa che mi riporti anche un po' vicina alla terra, alla ricerca, alla riscorperta, valorizzazione. Quegli stessi elementi che diversi anni fa mi hanno fatto scegliere l'archeologia come primo step della vita. Ma devo anche valutare ciò che da quel momento in poi sarà il mio futuro, mi piacerebbe che qualche porticina inizi ad aprirsi anche per me, che di sacrifici ne sto facendo tanti... Almeno per sdebitarmi! ;)

Anzi, se avete idee da proporre, io sono tutta orecchie...

Forse il post è un po' lunghetto, forse vi scoccerà, ma mi fa piacere condividere con quanti di voi vorranno leggerlo, quello che ho combinato in questi mes e anche per rispondere a quelle poche persone che diverse volte mi hanno chiesto che fine avesse fatto il blog. 
Non so quanto riuscirò a imoegnarmi costantemente nei prossimi mesi, ma tenterò.
Oltre ai miei genitori per le loro garanzie, devo ringraziare anche diverse persone amiche: Marialucia, Clara, Francesca, Eliana e Massimo che mi hanno sempre supportato e sopportato. Grazie per non avermi fatto sentire una pazza per quel che stavo per fare e poi Roberto, che da un po' ormai sta dietro ai miei sbalzi d'umore, alle mie paturnie, alle mie ansie economiche e a tutto il resto! Grazie. 

Focaccia di Tours

Formaggi francesu

Mercati contadini, Tours

Salone del libro gastronomico, Tours

Pinte, Tours

Terrine francesi e Rob, Tours

Vini della Loira, Tours