lunedì 15 giugno 2015

Un ragù per pensare.

La cucina della nonna, le ricette della nonna, "buono peró quello che faceva mia nonna", nonna, nonna, nonna. Da anni ormai la nonna è entrata nelle cucine di tutti, chef e non, e fatica a venirne fuori.  
Ma chi è "la nonna "? Esiste davvero? Qual è la vera cucina della nonna? 
 
Il mio Professore Massimo Montanari (Il cibo come cultura, Editori Laterza, Bari, 2006, pp. 159-160) scrive: "le storie che abbiamo raccontato stanno a ricordarci che ogni cultura, ogni tradizione, ogni identità è un prodotto della storia, dinamico e instabile, generato da complessi fenomeni di scambio, di incrocio e contaminazione. I modelli e le pratiche alimentari sono il punto d'incontro tra culture diverse, frutto della circolazione di uomini, merci, tecniche e gusti da una parte all'altra del mondo [...] La ricerca delle radici, quando è fatta con metodo critico e non dietro la suggestione di impulsi emotivi, non giunge mai a definire un punto da cui siamo partiti bensì, al contrario, un intreccio di fili sempre più ampio e complicato a mano a mano che ci allontaniamo da noi. In questo intricato sistema di apporti e di rapporti non le radici ma noi siamo il punto fisso: l'identità non esiste all'origine, bensì al termine del percorso. Se proprio di radici vogliamo parlare, usiamo fino in fondo la metafora e raffiguriamoci la storia della nostra cultura alimentare come una pianta che si allarga a mano a mano che affonda nel terreno, cercando la linfa vitale sin dove riesce ad arrivare, insinuando le sue radici appunto in luoghi il più possibile lontani, talvolta impensabili. Il prodotto è alla superficie, visibile, chiaro, definito, siamo noi. Le radici sono sotto, ampie, numerose, diffuse: è la sotira che ci ha costruiti".
La cucina della nonna, come la "tradizione" (dal latino trado - ere: trasmettere, passare, donare, affidare, confidare, assegnare), è quella cosa che è arrivata fino a noi, quella cosa che tramandata di bocca in bocca arriva al presente mutando la sua forma. Letta nel pensiero come un discorso che guarda al passato, la tradizione (e la cucina della nonna) nasce nel presente ed è il risultato di ciò che l'uomo è riuscito a salvaguardare, è il Patrimonio. Le radici sono le origini, l'identità è ciò che contraddistingue e per questo motivo la tradizione è innovazione, è il frutto di quello che è stato creato e modificato per arrivare a noi.  
La cucina della nonna, dunque, è un'idea recente, costruita sulla ricerca d'identità e delle origini. È stata creata e modificata per giungere a noi e per essere l'espressione di una cucina abbondante, tipica e genuina,  la sublimazione alle mancanze che continuamente ci si trova ad affrontare. È un valore aggiunto che spesso si dà ai ricordi di una vita andata e che difficilmente tornerà.
Proprio perché difficilmente potrà essere rivissuta, la cucina della nonna sopravvive, cambiando faccia e adattandosi a mode, tempi e gusti. Muta mantenedo vive le caratteristiche che mettono in moto il treno dei ricordi. 


A proposito di ricordi, ieri per me è stata una giornata particolare. Ho aperto gli occhi e guardandomi allo specchio mi sono accorta che erano molto pesanti, malinconicamente tristi. Ho camminato a lungo e poi mi sono fermata a pensare. Volevo ascoltare per un'ultima volta le voci dei miei nonni e scorrendo la rubrica telefonica mi sono accorta che ho ancora i loro numeri di casa, numeri di telefoni che non suonano più, perché nessuno più potrà rispondere.  Lacrima.

È difficile davvero non farsi coinvolgere dai sentimenti quando si pensa a persone che hanno lasciato, a loro modo, qualcosa nella nostra vita. Anche io potrei dire di avere avuto una nonna cuciniera, associare a lei la mia idea della cucina di casa, ma se dovessi scegliere davvero un piatto che possa rappresentarla al meglio, in realtà farei molta fatica, troppi ricordi, troppe lacrime. 
 
Nei giorni più tristi, come quello di ieri, mettermi ai fornelli è quanto più di terapeutico possa esistere. Dalle lacrime vere e negate con la scusa della cipolla, ai sorrisi di gioia del rubare di nascosto con dito della crema pasticcera, la cucina è davvero un'ottima valvola di sfogo,e in questo periodo, ne ho davvero bisogno. 

Ho vogli di cucinare e di tagliatelle al ragù, ho voglia di una cucina lenta, che dia modo di riflettere, di pensare. Invito gli amici, tagliatelle al ragù per cena, è deciso. 

Di ragù ne esistono mille versioni, quello bolognese è stato "canonizzato" nel 1982, ma cosa dire di quello napoletano? Le ricette sono simili: sedano, carota, cipolla, macinato misto, vino, passata, lunghissima cottura. La differenza sostanziale consiste nel fatto che nella versione "sudista", che io amo molto e che preferisco, si aggiungono pezzi di carne interi di manzo, maiale o salsiccia che, una volta terminata la cottura della salsa, si tirano fuori e si mangiano per secondo. Una goduria. 
Ho optato per il bolognese, ma per restare un filino più leggeri, ho evitato di aggiungere alla base del soffritto la pancetta o il guanciale.

Ingredienti per quattro persone:

400 gr. di tagliatelle all'uovo Pastificio Garofalo
2 carote
1 cipolla 
1 coste di sedano
350 gr di carne macinata mista manzo/maiale
vino rosso per sfumare
2 bottiglie di passata di pomodoro Mutti
1/2 litro brodo di carne
Sale 
Pepe
Olio extra vergine d'oliva, 
Parmigiano Reggiano

Iniziate facendo un trito di sedano carota e cipolla e nel frattempo preparate del brodo di carne, mezzo litro (io in questo caso mi sono servita di quello granulare Star, per far prima). Fate scaldare in una casseruola un filo d'olio e buttateci dentro il trito di verdure. Abbassate la fiamma e fate appassire dolcemente per una decina di minuti. Passate adesso alla carne, aggiungetela alle verdure, alzate leggermente la fiamma e sgranatela bene. Versate del vino per sfumare (scegliete voi se bianco o rosso, io preferisco il rosso) e fate evaporare per bene. Io di passata ne ho aggiunta abbastanza, perchè volevo che avanzasse un po' di ragù per poterlo poi mettere da parte, ma comunque sappiate che il sugo deve ridursi tantissimo, più della metà del livello originale, quindi non abbiate paura, osate!
Aggiungete la passata, mescolate bene e iniziate a diluirla con il brodo. Abbassate  la fiamma, coprite e aspettate il bollore, rimestando di tanto in tanto. Quando sentirete i primi gluglu, lasciate il coperchio leggermente aperto, in modo che la salsa abbia modo di iniziare a restringersi. 

Prendetevi tempo, il ragù ve ne chiederà.
Io l'ho fatto andare per quattro ore e verso la fine ho regolato di sale e pepe.
Il ragù può essere preparato anche il giorno prima, basta solo riscaldarlo un po', ma se volete mangiarlo il giorno stesso, allora quando sarà arrivato alla giusta consistenza e avrà riempito tutte le stanze della vostra casa del suo inconfondibile profumo, fate bollire l'acqua per la pasta, salatela e buttate le tagliatelle che dovranno cuocere per 7 minuti. 
Scolate e condite la pasta in un bel vassoio da portata, una bella grattugiata di Parmigiano e Buon appetito!



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